mercoledì 31 ottobre 2012

Little Boxes: il Sogno Americano in scatola


La canzone Little Boxes, scritta da Malvina Reynolds nel 1962 e portata al successo dal mitico Pete Seeger nel 1963, è una satira politica sullo sviluppo dei suburbs e sul conformismo che questi luoghi simboleggiano nella cultura americana. Nelle "scatolette" tutte uguali e fatte di materiale scadente, ticky-tacky, abitano persone con vite tutte uguali. Per tanti, e non solo americani, il Sogno Americano è proprio questo. 

Reynolds, popolare cantautrice e attivista politica di San Francisco, scrisse questa canzone mentre passava in macchina per le zone residenziali vicino a Daly City, a sud della città.

Qui sopra trovate un video con la versione cantata da Pete Seeger.
Qui sotto il testo.
Buon ascolto.
(E per restare in tema suburbia, lettura consigliata: Revolutionary Road, di Richard Yates. Bello anche il film, di Sam Mendes, con una strepitosa Kate Winslet.)


Little boxes on the hillside,
Little boxes made of ticky tacky,
Little boxes on the hillside,
Little boxes all the same.
There's a green one and a pink one
And a blue one and a yellow one,
And they're all made out of ticky tacky
And they all look just the same.

Robert Isaacs. "Ticky Tacky Houses in Daly City," 1968. Courtesy Metropolis Magazine.
And the people in the houses
All went to the university,
Where they were put in boxes
And they came out all the same,
And there's doctors and lawyers,
And business executives,
And they're all made out of ticky tacky
And they all look just the same.

And they all play on the golf course
And drink their martinis dry,
And they all have pretty children
And the children go to school,
And the children go to summer camp
And then to the university,
Where they are put in boxes
And they come out all the same.

And the boys go into business
And marry and raise a family
In boxes made of ticky tacky
And they all look just the same.
There's a green one and a pink one
And a blue one and a yellow one,
And they're all made out of ticky tacky
And they all look just the same.



martedì 30 ottobre 2012

"Più lontano ancora": escono oggi i saggi di Jonathan Franzen

Esce oggi la mia traduzione di Più lontano ancora, la nuova raccolta di saggi di Jonathan Franzen.
Dentro ci troverete alcune cose di cui ho già parlato, come il reportage sul bracconaggio per cui ho viaggiato insieme a Franzen nel sud dell'Italia per due settimane; il bellissimo e controverso saggio su David Foster Wallace; un reportage sulla Cina, e molto altro ancora.
Uno dei saggi, Chi ti dice che non sia tu il Maligno?, sulla scrittura di Alice Munro, potete leggerlo per intero sul sito dell'Einaudi. E la Repubblica ha messo in prima pagina un brano tratto da un altro saggio.





lunedì 29 ottobre 2012

Elezioni americane: tentativi di frode?

David Siegel e la moglie Jackie (Lauren Greenfield/Magnolia Pictures/AP)
Qualche giorno fa ho letto la lettera che David Siegel, il CEO e fondatore della Westgate Resorts (se ne parla nel documentario Queen of Versailles, sulla costruzione della casa più grande e costosa d’America che Siegel ha voluto per sé e sua moglie), ha inviato alle sue migliaia di dipendenti per avvisarli dei pericoli che corrono se dovessero rieleggere Obama ("So where am I going with all this? It's quite simple. If any new taxes are levied on me, or my company, as our current President plans, I will have no choice but to reduce the size of this company. Rather than grow this company I will be forced to cut back. This means fewer jobs, less benefits and certainly less opportunity for everyone"). 

La casetta di Siegel

Ieri invece leggevo un post di Georgia Peach, che vive appunto in Georgia e ha fatto una certa fatica ad andare a votare. E come scrive lei stessa in un commento: "In battleground states hanno scritto sui moduli per le persone di etnia ispanica che le elezioni si sarebbero svolte l'otto novembre invece che il sei. Brutta faccenda." La notizia è riportata QUI.

domenica 28 ottobre 2012

Photo caption contest/7


E se non vi viene in mente nessuna didascalia (non ci credo), date però un'occhiata alle belle foto di Alécio de Andrade (questa è tratta dalla serie The Louvre and its visitors).

venerdì 26 ottobre 2012

In the mood for poetry/2: José Saramago

Não há mais horizonte                             Non c'è più orizzonte

Não há mais horizonte. Outro passo que desse,      Non c'è più orizzonte. Se dessi un altro passo,
Se o limite não fosse esta ruptura,                         se il limite non fosse la rottura
Era em falso que o dava:                                        sarebbe un passo falso:
Numa baça cortina indivisível                                 in un opaco velo indivisibile                            
De espaço e duração.                                             di spazio e di durata.
Aqui se juntarão as paralelas,                                 Convergeranno qui le parallele,
E as parábolas em rectas se rebatem.                     con parabole e rette che coincidono.
Não há mais horizonte. O silêncio responde.           Non c'è più orizzonte. Il silenzio risponde.
É Deus que se enganou e o confessa.                       È Dio che s'è sbagliato e lo confessa.
                      



José Saramago                                                        traduzione di Fernanda Toriello


In the mood for poetry: Emily Dickinson

The Butterfly upon the Sky
That doesn't know its Name
And hasn't any Tax to pay
And hasn't any Home
Is just as high as you and I,
And higher, I believe,
So soar away and never sigh
And that's the way to grieve -
                                            La farfalla su nel cielo        
                                        che non sa il suo nome
                                        non ha tasse da pagare
                                        né casa a cui tornare
                                        è alta quanto te e me

                                        anzi più alta, direi,
                                        dunque tu innalzati, non sospirare,
                                        è questo il modo di dolersi-


































Emily Dickinson                                                                   traduzione di Marisa Bulgheroni

giovedì 25 ottobre 2012

Word of the month/2: Baracknophobia


Again from Word Spy. Not new but absolutely topical.

BARACKNOPHOBIA
n. Negative feelings about U.S. presidential candidate Barack Obama, particularly those based on racism or unfounded rumors. [cf. arachnophobia.]





mercoledì 24 ottobre 2012

Una sorpresa alla radio

Vi ho già parlato dell'articolo pubblicato qualche giorno fa su Nazione Indiana sulla situazione dei traduttori letterari negli Stati Uniti.
Ebbene, ieri mattina, mentre leggevo la posta e ascoltavo la radio, ho sentito fare il mio nome. Era Vittorio Giacopini, il conduttore di Pagina 3, che parlava del mio articolo. La sorpresa è stata così grande che non ho neppure fatto in tempo a emozionarmi!
Potete riascoltare la puntata qui (io sono al minuto 19.50).

P.S.: l'articolo è stato ripreso anche sulla rassegna stampa mensile dei migliori articoli culturali fatta da Oblique.

martedì 23 ottobre 2012

Le parolacce di Romney

In questo articolo del NY Times, Mitt Romney viene preso in giro per il suo modo di parlare bizzarro e antiquato. Romney usa espressioni come “They’ve scared the dickens out of banks”, "Goodness Gracious", "For Pete's Sake" (per non parlare dell'infelice uscita sui "binders full of women", che è subito diventata un meme. A proposito, la mia preferita è questa:




Ma l'imprecazione romneyana che mi ha colpito di più è questa, che più che un'imprecazione è un rebus: “H-E-double hockey sticks.” 

Cioè:
                                  

lunedì 22 ottobre 2012

Il'f e Petrov: due sovietici a zonzo per gli States

Forse li ricordate come gli autori del romanzo satirico Le dodici sedie (di cui ho parlato brevemente anche qui), ma Il'ja Il'f e Evgenij Petrov sono anche gli autori di un bellissimo reportage fotografico dagli Stati Uniti. Nel 1935, in piena era staliniana, i due scrittori satirici arrivarono a New York in nave come  inviati speciali del quotidiano "Pravda". Poco dopo il loro arrivo, Il'f e Petrov comprarono una Ford e partirono per un viaggio di dieci settimane, fino alla California e ritorno, nell'America della Depressione. Il loro viaggio è documentato in brevi, spesso esilaranti capitoli, accompagnati dalle fotografie scattate da Il'f con la sua Leica.  

Il materiale, pubblicato  per la prima volta sulla rivista illustrata Ogonek, ebbe varie vicissitudini, finché non venne riscoperto nel 2003 dalla storica dell'arte sovietica Erika Wolf, che propose la pubblicazione di un capitolo tradotto ("The Road")  alla rivista "Cabinet". Lo trovate QUI.

Il volume (tradotto da Anne O. Fisher), con la prosa divertente e stralunata di Il'f e Petrov, le foto restaurate, l'introduzione di Erika Wolf e una postfazione di Aleksandr Rodčenko, è uscito nel 2007 per la Cabinet Books. 

“Americans don't like to waste time on stupid things, for example, on the torturous process of coming up with names for their towns. And really, why strain yourself when so many wonderful names already exist in the world?
The entrance to the town of Moscow is shown in the photograph [la foto in questione non si trova online]. That's right, an absolutely authentic Moscow, just in the state of Ohio, not in the USSR in Moscow province.
There's another Moscow in some other state, and yet another Moscow in a third state. On the whole, every state has the absolute right to have its very own Moscow.”  

[From the chapter "The Small Town"]

sabato 20 ottobre 2012

Oggi sono su Nazione Indiana


Ho fatto un po' di ricerche, ho intervistato un po' di persone (anzi, ringrazio Brent Sverdloff, direttore del Center for the Art of Translation di San Francisco; Minna Proctor, scrittrice, traduttrice dall’italiano e editor in chief di “The Literary Review"; Susan Bernofsky, traduttrice dal tedesco di autori come Walser e Hesse, curatrice del blog Translationista; Anne Milano Appel, traduttrice dall’italiano di autori come Primo Levi, Claudio Magris, Giovanni Arpino, Goliarda Sapienza; Alison Anderson, traduttrice dal francese autori come il premio Nobel J. M. G. Le Clézio, Amélie Nothomb e Muriel Barbery).

Insomma, mi sembra che sia venuta una cosa interessante. Buona lettura!

venerdì 19 ottobre 2012

Zadie Smith su Jeff Buckley

"Quando, in occasione del loro venticinquesimo anniversario, Jerome aveva fatto ascoltare ai suoi genitori una versione eterea di Hallelujah, molto più bella dell'originale, cantata da un ragazzo di nome Jeff Buckley, Kiki aveva pensato: sì, è giusto così, i nostri ricordi diventano ogni giorno più belli e meno reali. E poi il ragazzo era affogato nel Mississippi, ricordò ora Kiki, sollevando lo sguardo dalle proprie ginocchia al quadro appeso dietro la poltrona vuota di Carlene. Jerome aveva pianto: le lacrime che si versano per qualcuno che non hai mai conosciuto e che ha fatto qualcosa di bello, qualcosa che hai amato disperatamente."

Zadie Smith, Della bellezza, traduzione di Bernardo Draghi


giovedì 18 ottobre 2012

I miei dieci attori preferiti

Anche stavolta, come per i film, l'elenco è disastrosamente incompleto e potenzialmente lunghissimo. Ho messo proprio i primi dieci che mi venivano in mente.


 Robert Mitchum in The Night of the Hunter (La morte corre sul fiume)


 Sean Penn in Milk
 

 Jack Nicholson in One Flew Over the Cuckoo's Nest (Qualcuno volò sul nido del cuculo)


 Burt Lancaster in Atlantic City



Charlie Chaplin in The Great Dictator (Il grande dittatore)


Marcello Mastroianni in Una giornata particolare


Vittorio Gassman in Il sorpasso 


Peter Sellers in Being There (Oltre il giardino)


Jean Gabin in La Grande Illusion (La grande illusione)
 

Jimmy Stewart in Harvey

...

Facciamo undici, va'


Bruno Ganz in Der Himmel über Berlin (Il cielo sopra Berlino)


mercoledì 17 ottobre 2012

Word of the month: Zombee


From Word Spy

ZOMBEE
n. A bee that is forced to abandon its hive and kill itself after being infected by a parasitic fly. [Zombie + bee.]

(Here's how you can become a Zombee Hunter).

martedì 16 ottobre 2012

L'affirmative action è razzismo al contrario?

Abigail Fisher
Fa discutere negli Stati Uniti il caso di Abigail Fisher, che nel 2008 venne rifiutata dalla University of Texas di Austin. La studentessa denunciò l’università, sostenendo di essere stata esclusa perché bianca, ed è riuscita ad arrivare fino alla Corte suprema, che ora deve decidere del suo caso. In gioco c'è  la costituzionalità dell’affirmative action, cioè quello strumento che mira a ristabilire e promuovere principi di equità razziale, etnica, di genere, sessuale e sociale, anche attraverso l’utilizzo di quote, per rimediare agli effetti delle passate discriminazioni. 

La questione è spiegata bene in questo articolo, dove fra l'altro si dice:
"Il sistema adottato in Texas viene considerato come un modello dai sostenitori dell’affirmative action. In California, per esempio, il sistema ‘classico’ delle quote razziali venne abolito dal referendum sulla Proposition 209 nel 1996. Da allora però il numero di afroamericani e ispanici iscritti alle università è significativamente diminuito. Nel 1995, a Berkeley, cioè nell’università californiana pubblica più nota, gli studenti neri erano il 7,3%, mentre nel 1998 si erano ridotti al 3,2%. Nel 2011 la percentuale è risalita al 3,9%, ma è ancora lontana dalle cifre dei primi anni Novanta. Sebbene i repubblicani sostengano che le politiche di tutela delle minoranze non siano più necessarie, situazioni di 'segregazione di fatto' e di disparità razziali sono continuamente segnalate da inchieste governative e indipendenti. Una recente ricerca di UCLA ha evidenziato come casi di 'segregazione scolastica' siano ancora in atto e che gli studenti afroamericani e latinos siano più inclini ad abbandonare gli studi e a iscriversi a scuole di bassa qualità, meno costose.
L’importanza della sentenza Fisher v. University of Texas sta nel fatto che una sconfitta dell’università sul terreno dell’affirmative action automaticamente creerebbe un precedente valido in altri campi, in particolare per quanto riguarda le assunzioni nel settore pubblico, danneggiando fortemente le possibilità di afroamericani e ispanici di migliorare le loro condizioni di lavoro."

Come disse Lyndon Johnson in un discorso del 1965 alla Howard University sulla affirmative action (testo preso da qui):
La libertà non è sufficiente. Non si cancellano le cicatrici di secoli dicendo soltanto: ora sei libero di andare dove vuoi, di fare come ti piace e di sceglierti i rappresentanti che preferisci. Non si prende una persona che è stata impastoiata con le catene per anni, liberandola e portandola alla linea di partenza per dirle a quel punto: sei libera di competere con tutti gli altri […] Non perseguiamo l’uguaglianza soltanto in termini di diritto e di teoria, ma l’uguaglianza come fatto e come risultato.

lunedì 15 ottobre 2012

Mitt Romney e il Vangelo della Ricchezza


Un paio di mesi fa il New Yorker ha pubblicato un pezzo di Adam Gopnick su Mitt Romney e il mormonismo, intitolato I, Nephi - Mormonism and its meanings. Ne ho tradotto il finale.


"È ingiusto dire, come potrebbero fare alcuni, che Mitt Romney non crede in nulla tranne che nella propria ambizione. Egli crede, con fulgida certezza, nel proprio successo, e, più in generale, nel Vangelo americano della Ricchezza che vi sta alla base: l'idea che i ricchi si sono arricchiti grazie alla propria bontà, che la ricchezza è un segno della loro virtù, e che per questo hanno il diritto di governare.
D'altra parte, quasi ogni religione americana prima o poi diventa un Vangelo della Ricchezza. (...) La cosa straordinaria (...) è che questo vangelo della prosperità è l'unica fede americana che non viene mai meno, anche quando le sue promesse sembrano infrante. In altre democrazie occidentali, lo scoppio dell'ultima bolla ha fatto sorgere dubbi sul sistema che l'ha prodotta. Qui le persone che hanno più probabilità di ereditare il potere sono quelle che vogliono produrre bolle ancora più grandi, quelle che credono nella bolla anche dopo che è scoppiata, e che considerano la sua perfezione come una fede così luminosa, salda e incrollabile che potrebbe essere stata scritta da qualche parte dagli angeli, su tavole d'oro massiccio."

domenica 14 ottobre 2012

DeLillo su Rothko

Dopo aver visto Rosso, lo spettacolo di scena all'Elfo su Mark Rothko, ho ripensato a Don DeLillo e al suo amore per Rothko (che è anche il mio). Eccolo in Cosmopolis, tradotto da me.

- Ho avuto informazioni confidenziali su un Rothko in mano a un privato. Presto sarà sul mercato.
-L’hai visto.
Tre o quattro anni fa. Sì. Ed è luminoso.
Lui disse: - Che mi dici della cappella?
- Cosa vuoi sapere?
- Ho pensato alla cappella.
- Non puoi comprare quella cazzo di cappella.
- Come lo sai? Contatta i proprietari.
- Pensavo che il dipinto ti entusiasmasse. Un dipinto. Non hai un Rothko importante. L’hai sempre voluto. Ne abbiamo parlato.
- Quanti dipinti ci sono nella cappella?
- Non saprei. Quattordici, quindici.
- Se mi vendono la cappella la manterrò intatta. Diglielo.
- La manterrai intatta dove?
- Nel mio appartamento. È grande abbastanza. Posso fare altro spazio.
- Ma la gente deve vederla.
- Che se la comprino, allora. Che ci provino, a offrire di più.
- Scusa se sono pedante. Ma la cappella Rothko appartiene al mondo.
- È mia se la compero.


Eccola, per fortuna ancora appartenente al mondo, la Rothko Chapel, a Houston.

giovedì 11 ottobre 2012

UC Davis: la rivincita degli studenti

La notizia risale a pochi giorni fa: gli studenti di UC Davis che lo scorso novembre, mentre manifestavano pacificamente seduti per terra, erano stati inondati di spray urticante dall’agente dalla polizia del campus in tenuta anti-sommossa (QUI c'è il post in cui ne parlavo, con il link il video), hanno ottenuto giustizia. L’Università della California ha accettato un patteggiamento per arginare la causa intentata dagli studenti vittime dell’attacco, e dovrà versare loro un milione di dollari (più le scuse formali del rettore Linda Katehi - che ha dato le dimissioni subito dopo il fattaccio - a ciascuna delle vittime). Maggiori dettagli sul blog di NPR

Rinnovo la domanda che mi sono posta allora: sarebbe possibile una cosa del genere, in Italia? 

mercoledì 10 ottobre 2012

Un disco orario a Santa Barbara


Il luogo del parcheggio
Poco prima di ripartire da San Francisco ho invitato a cena i miei amici Eleonora e Paolo, che erano in vacanza a zonzo per gli Steits. Uno dei primi posti dove si erano fermati era Santa Barbara, città nota per il suo clima perfetto e di conseguenza per la sua popolazione composta pressoché uniformemente da bianchi molto ricchi. Mentre mi parlava del loro arrivo a Santa Barbara, Eleonora ha pronunciato una frase che al mio orecchio è suonata un po' strana: "Abbiamo parcheggiato sul lungomare e poi ci siamo messi a cercare il disco orario." Il disco orario? "Sì, però abbiamo frugato dappertutto ma nella macchina a noleggio il disco orario non c'era." Il disco orario? "Sì, e allora abbiamo deciso di lasciare un biglietto con l'orario di arrivo, casomai arrivasse il vigile per farci la multa." Un biglietto? "Sì, e poi siamo andati a fare un giro. Siamo passati davanti a un benzinaio e gli abbiamo chiesto se aveva un disco orario da venderci." Un disco orario? "Sì, è quello che ci ha chiesto anche il benzinaio. Un disco orario? Cioè, noi glielo abbiamo descritto, ma lui non capiva cosa fosse. Ha chiesto anche a qualche cliente, ma tutti ci guardavano perplessi e dicevano di non saperlo. Allora abbiamo capito che forse in America il disco orario non esiste." Ma non c'era una di quelle macchinette... "Non l'abbiamo vista, e allora abbiamo pensato che fosse un parcheggio con disco orario. Comunque quando siamo tornati ci avevano fatto la multa." Oddio, una multa sul lungomare di Santa Barbara. Chissà che botta. "Cinquantotto dollari." Ah, devono avervi fatto lo sconto simpatia.

Il disco orario
La multa

martedì 9 ottobre 2012

Chiavi di ricerca e traduttori automatici

Mi lamento sempre perché gli altri blog hanno chiavi di ricerca divertenti e il mio no. Le mie chiavi di ricerca sono sempre serie e pertinenti. Che noia. E così ieri sono stata molto soddisfatta di trovare finalmente una chiave bizzarra: "ca**o fatto di fiori". Provate a immaginare il romanticone che cerca un'immagine suggestiva da mandare alla sua innamorata.

Tutta contenta ho condiviso l'allegra notizia su feisbuc, dichiarandomi tuttavia dispiaciuta per il visitatore del blog che non aveva trovato ciò che cercava. È dunque accorso in mio aiuto l'esimio collega Leonardo Marcello Pignataro, il quale mi ha consigliato una chicca per accontentare il mio poetico visitatore.
Non posso riprodurre l'immagine per motivi di copyright, ma vi prego, andate a vederla QUI. Non ve ne pentirete.


lunedì 8 ottobre 2012

San Francisco e il benefattore del bluegrass

Negli ultimi anni me lo sono sempre persa, purtroppo (ormai lo so, non riuscirò mai a vedere Patti Smith dal vivo). E pensare che è una delle cose che mi piacciono di più di questa città.

Il mitico Hardly Strictly Bluegrass Festival (chiamato inizialmente Strictly Bluegrass; il nome venne cambiato dopo qualche anno, quando si cominciarono a invitare musicisti che suonavano anche altri generi di musica) si tiene il primo fine settimana di ottobre nel Golden Gate Park di San Francisco. L'ingresso è gratuito, e l'intero festival esiste grazie a una sola persona: Warren Hellman

Foto da qui, dove ne troverete tante altre
Morto nel dicembre 2011 e pianto da tutta la città, Hellman era un miliardario generosissimo che, fra le altre cose, aveva deciso di creare un festival di musica bluegrass e regalarlo alla sua amata San Francisco (il suo "selfish gift", come lo chiamava lui). Dal 2001 in poi, Hellman ha finanziato completamente di tasca propria l'intero festival; negli anni, diverse aziende si sono offerte di co-sponsorizzarlo, ma Hellman ha sempre rifiutato, perché voleva che i concerti rimanessero gratuiti e senza pubblicità. Niente sponsor invadenti, niente cartelloni e spot: solo un sacco di musica gratis per tre giorni. Nel 2011, il festival ha attirato circa 750.000 persone. Alla sua morte, Hellman ha lasciato sufficiente denaro perché il festival possa andare avanti per almeno 15 anni.