martedì 30 aprile 2013

È così che la perdi: è tornato Junot Díaz


Lo avevo citato QUI.

Ora quella frase è tradotta nel libro che vedete qui accanto, e che esce oggi per Mondadori.

"Le manca suo figlio, probabilmente, oppure il padre. O forse il nostro paese, al quale non pensi mai finché non lo hai perduto, che non riesci ad amare finché non lo hai abbandonato."

Ho parlato diverse volte di Junot: trovate gli altri post QUI.

QUI invece trovate una bella recensione di Franco Marcoaldi in cui si cita anche la sottoscritta traduttrice.


lunedì 29 aprile 2013

Chiapas: un viaggio semiserio/2. La casa dalla porta verde.

[Nota: come scrivevo rispondendo a un commento di elle, purtroppo non ho una foto della mia faccia ustionata. Anzi, in realtà ce l'avrei, una foto bellissima in cui mi spalmo la crema con l'aria da Vispa Teresa, però ho perso l'originale e l'unica copia che possiedo è questa microfotina che ancora oggi tengo come foto del profilo su skype, e che non ho modo di ingrandire.]

Continua da QUI.


La piazza principale di San Cristòbal de las Casas, lo zócalo, è un rettangolo circondato da portici in stile coloniale con un giardino centrale, un posto molto animato dove io e Sergio ci eravamo dati appuntamento la sera dopo il mio arrivo, e dove lo aspettai invano per un’ora e mezza. Mentre gli scrivevo un’e-mail un po’ indispettita da un internet café, sentii una voce alle mie spalle che mi chiamava per nome. Mi voltai e tirai un sospiro di sollievo. Sergio era bassetto, un po’ irsuto e forse neanche pulitissimo, ma l’aria da romantico rivoluzionario ce l’aveva in pieno. Risultò che anche lui mi aveva aspettata per un’ora e mezza, ma dalla parte opposta della piazza, e anche lui era entrato nell’internet café per scrivermi un’e-mail. Stava per sedersi accanto a me quando lo sguardo gli era caduto sulla prima riga del mio messaggio: Caro Sergio. Una misteriosa coincidenza al primo incontro rende tutto ancora più affascinante, mi dissi.
Mentre cercavamo di dissipare l’imbarazzo lungo la strada per il ristorante, mi accorsi che Sergio mi fissava con una certa insistenza, probabilmente colpito dalla mia abbronzatura a bolle, o forse dallo strano odore che emanava dalla pomata lustra e verdognola che mi ero applicata sulla faccia. Me l’aveva prescritta quella mattina il curandero maya che ero andata a visitare nell’ambito della mia missione di ricerca sulla biopirateria. La missione me l’ero autoassegnata dopo aver letto un sacco di libri di Vandana Shiva e aver deciso che una ricerca sui soprusi della Monsanto era quello che ci voleva per realizzare il mio sogno di un viaggio avventuroso-culturale, novella Bruce Chatwin dei poveri. 



 La pomata ha resistito intatta agli anni (foto scattate ieri)


Fra le numerose persone che avevo contattato durante le mie ricerche preliminari, l’agronomo Sergio mi era sembrato il candidato ideale per farmi da guida nelle mie ricerche. Abituato a fare a meno delle comodità della società dei consumi, Sergio viveva in una casa senza telefono, e per rintracciarlo dovevo ricorrere alla posta elettronica e poi aspettare che lui leggesse il mio messaggio al ritorno da una delle sue frequenti spedizioni nella Selva Lacandona. Un’altra possibilità era quella di attraversare la cittadina, immergendomi in quella festa di colori, case viola e gialle, rosse e verdi, fucsia e blu, la cattedrale gialla e rossa che sembrava una torta, fino a raggiungere la porta di casa sua, dove lui non c’era mai, ma la porta era tanto bella, dipinta di verde brillante, con una fessura dove infilavo i bigliettini per pianificare il complicato incontro successivo che regolarmente, per una ragione o per l’altra, andava sempre a monte.



 La cattedrale

(2/Continua)

domenica 28 aprile 2013

Sanità americana: una storia triste





L'ho condivisa ieri su facebook e ho visto che ha destato un certo interesse (l'ha ripresa anche Laura nella sua rassegna), la storia raccontata QUI da The Sardinian American. Chi mi conosce sa che è un tema che mi sta enormemente a cuore. Chi pensa che passare alla sanità privata sia una buona idea la legga e ci rifletta, perché storie come questa, in un paese dalla sanità privatizzata, sono la norma, non certo l'eccezione. Fate attenzione a come comincia la storia: "La mia amica ha una buona assicurazione."



venerdì 26 aprile 2013

Take Five in salsa pakistana

Due versioni di uno miei brani jazz preferiti, Take Five di Paul Desmond (registrato nel 1959 dal Dave Brubeck Quartet nell'album Time Out). Il primo video è un classico, girato nel 1966, con Desmond al sax e Dave Brubeck al piano



Il secondo video mostra invece una versione molto più recente, del 2011, suonata da un ensemble musicale pakistano, The Sachal Studios Orchestra. Come spiega questo articolo, l'anno scorso, poco prima di morire, Brubeck la definì la cover più interessante che avesse mai ascoltato.

giovedì 25 aprile 2013

Imbecilli e mascalzoni


 
 
Fra imbecilli che vogliono cambiare tutto e mascalzoni che non vogliono cambiare niente, com'è difficile scegliere! 
 Gesualdo Bufalino
 
Buon 25 aprile a tutti 

mercoledì 24 aprile 2013

Train Dreams, di Denis Johnson


"Al tramonto la sua avanzata si interruppe. Era fermo sull’orlo di un dirupo. Aveva trovato una strada alternativa attraverso una specie di anfiteatro che racchiudeva uno specchio d’acqua chiamato Spruce Lake, e ora lo stava guardando, decine di metri sotto di lui, la superficie piatta immobile e nera come ossidiana, circondata dall’ombra dei dirupi circostanti, accerchiata dalla doppia cerchia dei sempreverdi e del loro riflesso. Più in là vide le Montagne Rocciose canadesi dalle cime innevate, ancora illuminate dal sole, a centocinquanta chilometri di distanza, come se la terra fosse nel bel mezzo della creazione e le montagne si stessero materializzando dalle nuvole. Non aveva mai visto un panorama così maestoso. Le foreste che gli riempivano la vita erano così popolose e alte che di solito gli impedivano di vedere quanto fosse lontano il mondo, ma in quel momento gli fu chiaro che c’erano montagne a sufficienza perché ciascuno avesse la propria."

Esce in questi giorni Train Dreams, la novella del grande Denis Johnson che ho tradotto per Mondadori.

lunedì 22 aprile 2013

Chiapas: un viaggio semiserio. Un'intensa abbronzatura.


L’alba nebbiosa sulle montagne del Chiapas mi sorprese come un miracolo. Mi sforzai di tenere aperti gli occhi gonfi e irritati per non perdere un solo istante di quella visione. Scattai anche un paio di fotografie che in seguito avrei mostrato trionfante agli amici, i quali avrebbero abbozzato un’espressione di compassionevole interesse di fronte a quelle immagini scattate attraverso un vetro sporco, scie verdastre di alberi in movimento immersi nella foschia e illuminati da qualche debole raggio di sole. Ero partita da Città del Messico il pomeriggio precedente per affrontare un viaggio di sedici ore con un pullman categoria deluxe, comodissimo tranne che per l’odore di urina che aveva cominciato a fuoriuscire dal bagno un’ora dopo la partenza, e che alla fine era diventato così intenso da farmi temere un danno permanente alla mucosa nasale. 

 

L'alba del Chiapas

Adesso la meta agognata era lì davanti ai miei occhi: ero finalmente arrivata a San Cristòbal de las Casas. Raddrizzai come potevo le gambe anchilosate dalla prolungata immobilità e mi trascinai fino alla posada, dove un patio dalle pareti rosa-arancio ed enormi vasi di terracotta pieni di calle riuscirono a farmi sentire davvero in Messico – novella Frida Kahlo/Georgia O’Keeffe – finché non stramazzai sul letto in stato di coma vegetativo. Prima però aprii lo zaino ed estrassi il mio tesoro: una bottiglia di Nobile di Montepulciano del ’95.

La notte in cui ero partita dall’Italia, dopo aver lavorato al computer fino alle tre e preparato lo zaino dalle tre alle quattro in attesa dell’amico che mi avrebbe accompagnata all’aeroporto, dove avrei preso un aereo sul quale non avrei chiuso occhio, raggiungendo così un totale di quarantasei ore filate di veglia nel momento in cui mi ero addormentata nell’economico albergo di Città del Messico che, come avrei scoperto poco dopo, fungeva anche da bordello, quella notte, dicevo, avevo ricevuto un ultimo messaggio elettronico dal mio misterioso contatto italiano in Chiapas: l’agronomo Sergio. Posso portarti qualcosa dall’Italia, gli avevo chiesto. Sì, aveva risposto, mi piacerebbe tanto una bottiglia di vino. L’unica bottiglia che avevo in casa era quel Nobile di Montepulciano che conservavo per un’occasione speciale. Cosa c’è di più speciale di un appuntamento al buio a San Cristòbal de las Casas, avevo pensato mentre avvolgevo la bottiglia in un asciugamano.

Poi ero andata in aeroporto tutta emozionata per il mio viaggio avventuroso e solitario, mi ero imbarcata, non avevo dormito, ero arrivata a Città del Messico, non avevo trovato l’albergo che mi aveva segnalato un’amica – la guida di Città del Messico non ce l’avevo, perché a me Città del Messico non interessava, io volevo andare in Chiapas e basta, e il giorno dopo avrei preso l’autobus e sarei partita subito per la terra degli agronomi zapatisti – e allora mi ero fatta accompagnare dal tassista nel posto più economico dei dintorni, dove, senza badare all’abbigliamento un po' succinto delle signore che popolavano la hall dell’albergo, ero salita in camera ed ero piombata – anche lì - in un sonno comatoso. La sera ero uscita a cercare qualcosa da mangiare, ma le strade buie e semideserte e la sensazione di essere osservata e probabilmente anche seguita mi avevano spinta a tornare in albergo e chiudermi subito in camera. Poco dopo avevo sentito bussare alla porta. Una voce maschile aveva biascicato qualche parola in spagnolo. Quando mi ero resa conto che si trattava di un aspirante cliente che voleva entrare nella mia stanza avevo cacciato un grido di terrore, al che il gentiluomo si era scusato ed era svanito.

Il giorno dopo ero corsa alla stazione degli autobus, dove avevo appreso con sommo sconforto che, essendo quella la settimana di Pasqua, gli autobus erano tutti pieni di emigranti che tornavano al paesello, e quindi sarei riuscita a partire solo due giorni dopo. E così avevo deciso che, per ingannare l’attesa, avrei fatto una gita turistica e sarei andata a Tehotihuacàn.

A Tehotihuacàn ci sono le famose piramidi del Sole e della Luna, nonché una marea di turisti che percorrono avanti e indietro l’immensa spianata azteca, quasi tutti muniti di cappello o di ridicolo ombrellino. Che idiozia, avevo pensato, che male vuoi che faccia questo bel solicello di marzo? Anzi, già che ci sono potrei abbronzarmi un po’. 

 

La Piramide del Sole o della Luna, non ricordo quale di preciso

Tehotihuacàn sorge su un altopiano a 2270 metri d’altezza, che io avevo percorso in lungo e in largo, salendo su e giù per le piramidi dei crudeli precolombiani sacrificatori di esseri umani, con la faccia sempre rivolta verso il bel solicello di marzo. L’abbronzatura non aveva tardato a manifestarsi, tanto che il giorno della partenza, mentre giravo ripetutamente intorno all’atrio della stazione degli autobus per preparare le gambe all’imminente paralisi di sedici ore, la mia faccia mostrava ormai i segni di un’ustione fantozziana. La pelle, paonazza e coperta di bolle, era spessa come un copertone, gli occhi ridotti a due fessure, e dovevo tenere costantemente i capelli raccolti perché il minimo sfioramento dell’epidermide mi procurava un fastidio terribile. 

 (1/Continua)

 

domenica 21 aprile 2013

Il voto della vera donna


Questo manifesto elettorale del 1953 è stato il mio regalo di laurea da parte delle mie amiche che all'epoca vivevano con me, ed è tuttora uno degli oggetti a cui sono più affezionata. Naturalmente quella in rosso sono io.

sabato 20 aprile 2013

Shame on you


La notizia QUI.

Se poi volete vedere come l'NRA si fa pubblicità fra i bambini, leggete questa inchiesta, in cui troverete fra l'altro le parole di Andy Fink, direttore di Junior Shooters, il magazine finanziato dalla NRA: "È  nostra responsabilità e anche un piacere promuovere l'uso delle armi fra i giovani. I nostri ragazzi devono capire non solo la sicurezza, ma anche la gioia e il piacere di sparare".

mercoledì 17 aprile 2013

Un'intervista alla sottoscritta/4


L'intervista la trovate QUI.
La versione integrale dell'intervista - che piacerà ai lettori del blog perché si parla anche del blog - si trova nel link all'inizio dell'articolo, oppure QUI.

L'articolo è corredato dalla solita foto di me e Mr. Franzen molto attenti e concentrati nel parco della Sila, durante il nostro viaggio insieme. Non posso mostrarvene altre senza permesso, però posso regalarvene una inedita in cui Mr. Franzen e Anna Giordano compaiono di spalle (i due al centro) mentre osservano il passaggio dei falchi pecchiaioli sullo stretto di Messina.

martedì 16 aprile 2013

Cordoglio selettivo

In queste ore si è diffuso un enorme e giustificato cordoglio per l'orribile strage di Boston, in cui è morto anche un bambino di otto anni.
Mi piacerebbe vedere altrettanta emozione per le stragi di bambini in Siria.


lunedì 15 aprile 2013

Visit California - Behind the Hilton

La California si fa pubblicità con questo video, dove sembra che i californiani siano molto fighi, facciano tutti yoga e surf.



In quest'altro video, che fa parte della bella The City Exposed del SF Chronicle, si vede il Tenderloin, un quartiere centrale di San Francisco (dietro l'Hilton, come dice il titolo) dove nessuno fa yoga né surf.


The City Exposed: Touring the Tenderloin from San Francisco Chronicle on Vimeo.