lunedì 10 giugno 2013

Chiapas, un viaggio semiserio/6: L'avventuroso canadese


Continua da QUI.

Ma non tutto era perduto: c’era ancora Mark, il vicino di stanza canadese che mi aveva portato la spremuta nei giorni di Montezuma. Mark, grande viaggiatore e grande narratore, durante un paio di piacevoli serate sulla terrazza della posada mi aveva incantata con le sue tremende banalità sull’Africa e sul Giappone. Già, perché Mark riusciva a rifilarmi frasi tipo: “Non potrai dire di aver davvero vissuto finché non avrai visto il Kilimangiaro”, senza che io, probabilmente obnubilata dalla febbre, gli ridessi in faccia. Un’altra volta, mostrandomi un colibrì sospeso a mezz’aria su ali invisibili, mi aveva spiegato: “Il Giappone è così diverso da tutto ciò a cui siamo abituati. È come vivere su un altro pianeta. Ho vissuto là per un anno, insegnavo inglese in una scuola privata, e in quell’anno ho avuto due ragazze giapponesi. Ma non ci capivamo. Adesso ho imparato ad apprezzare la solitudine. Non sono in cerca di una ragazza, sai. Ho solo voglia di viaggiare e di conoscere il mondo.” In quei giorni il mio cuore apparteneva soltanto all’agronomo, eppure dopo quelle serate ero andata a dormire sognando di viaggiare in paesi lontani accanto al bel canadese solitario.
Dopo la partenza di Sergio, per consolarmi del fallimento della mia causa rivoluzionaria, decisi di esplorare la vita mondana di San Cristòbal de las Casas. La cittadina, infatti, pullulava di giovani turisti della rivoluzione - soprattutto europei – e di giovani turisti in generale, cosa che la rendeva molto animata e simpatica. Se un posto deve essere pieno di turisti, insomma, molto meglio giovani e alternativi piuttosto che ricchi ignoranti e obesi.
Mentre i giovani alternativi si radunavano in bar pieni di foto del Comandante Marcos (già santificato mentre era ancora in attività, roba che non era riuscita neanche al Che), i veri messicani preferivano andare a ballare. E così, malgrado la mia storica avversione per qualunque ballo che imponga dei passi predefiniti e non mi consenta di scatenarmi come mi pare e piace, decisi di invitare Mark a ballare. L’avventuroso canadese, infatti, aveva visitato molti paesi del Sudamerica (soprattutto la Colombia, sulla quale mi aveva raccontato tante affascinanti banalità), e naturalmente sapeva ballare benissimo. Io naturalmente no. E dunque non so perché mi fosse venuta l’ideona di invitarlo proprio lì, in quella balera buia rischiarata solo da un globo anni ’70, con l’aria intrisa di sudore e di ormoni e tanta bella musica latinoamericana. Forse pensavo che, ammaliato dal mio fascino cerebrale, avrebbe passato la serata bevendo mojiti e raccontandomi qualche altra pallosissima avventura da bel viaggiatore solitario prima di portarmi finalmente a letto.
Ma nella balera, com’era prevedibile, ballavano tutti. Adolescenti dalle zone erogene ipersviluppate, vecchie imbellettate e saltellanti, uomini baffuti e impomatati. Sembrava un raduno di tarantolati.
“Non mi piacciono molto i balli di coppia,” gli dissi con un sorrisetto imbarazzato. “Sai, preferisco le cose un po’ selvagge...” Mancava solo che gli facessi l’occhiolino. “Però mi piacerebbe tanto imparare da un ballerino esperto come te.” (In realtà nessuno era mai riuscito a irreggimentare le mie membra anarchiche in una serie di mosse coordinate, né l’insegnante di danza moderna che quando ero adolescente mi aveva consigliato di darmi al nuoto, né lo splendido cubano che mi esortava “mueve la cintura”, o qualcosa del genere, mentre io lo guardavo adorante e mi sentivo flessibile come un pilastro di cemento.)
“Certo,” rispose il canadese. “Vado a prendere una birra e poi t’insegno.”

Mentre lo aspettavo, seduta al tavolo, cominciai a battere i piedi e a scuotere le spalle per entrare nel caldo ritmo latino, ansiosa di piroettare fra le sue braccia. Dopo un quarto d’ora di quel batti-scuoti solitario mi girai a guardare verso il bar, ma
Marsupio, zainetto e Lonely Planet: sono già a Palenque
il ballerino canadese sembrava scomparso. Aspettai altri cinque minuti, poi mi alzai e andai a cercarlo. Quando giunsi nei pressi della pista da ballo, un messicano enorme con un paio di baffoni a manubrio mi si parò davanti e disse: “Señorita, vamos a bailar.”
“Ecco, veramente…” risposi, ma l’uomo mi strinse il braccio in una morsa di ferro e mi trascinò verso la pista. Lasciati andare, pensai, tanto è l’uomo che guida. E così, mentre rimbalzavo come una marionetta tra le braccia del messicano baffuto, mi ritrovai accanto al canadese solitario, che danzava decisamente fuori ritmo e letteralmente spalmato addosso a una piccola messicana dagli occhi languidi e dai seni piuttosto grossi. Quando il mio cavaliere mi salutò con un inchino senza chiedermi l’onore del prossimo ballo, presi la giacca e mi incamminai da sola verso l’albergo.
Il mattino dopo infilai un biglietto di addio sotto la porta della stanza accanto, dietro la quale mi era parso di udire una risatina femminile, e andai a preparare lo zaino per l’ultima tappa del mio viaggio: Palenque.

(6/continua)

34 commenti:

  1. Meglio lasciare al palo il banalcanadese e andare alla ricerca di un baffuto cubano( l'idea del "mueve la cintura" mi pare assai solleticante).
    Mi hai coinvolta: vado a sognare del Chiapas e dei balli sud- americani, aspettando con ansia la prossima puntata.
    ( continua)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Quel cubano là non era baffuto, ma era proprio uno splendore.

      Elimina
  2. questo racconto crea dipendenza!E mo?E mo, aspetto la continuazione :P

    RispondiElimina
  3. Baffi a manubrio vincono su canadese banale, decisamente!!!

    RispondiElimina
  4. Questo é stato il mio preferito silvia,fa riderissimo.

    Ps bel marsupio

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie cara. Per molti anni ho convissuto con il marsupio, non me ne separavo mai.

      Elimina
  5. ma un uomo che fosse un uomo in tutto il viaggio lo incontriamo o dobbiamo accontentarci del panzer baffuto?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Oddio Amanda, non farmi ridere che in questi giorni ho la tosse. Il panzer baffuto è meraviglioso.

      Elimina
    2. Ecco, Amanda ha espresso il mio pensiero! ;)
      Ma che viaggio da incubo sotto il profilo "romantico" (no, eh? ;) )

      Elimina
    3. Sì, in effetti diciamo che ho avuto periodi migliori :-D

      Elimina
  6. Ah ah ah, Silvia fai proprio pariare!
    "Señorita, vamos a bailar" :D
    Viaggio in Chiapas decisamente sopra le righe...io ancora aspetto le cavallette fritte! :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Pariare! Grazie, mi hai insegnato una parola nuova!
      Niente cavallette fritte, dopo Montezuma sono stata un po' più attenta.

      Elimina
  7. ... Io invece un po' ci speravo per il canadese perché mi piacciono gli uomini nordici ( che dicono banalità)... Va beh, aspetto la prossima puntata!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A me invece sono sempre piaciuti i mori, e poi ho sposato un biondo. Ma Mr. Keats, più che nordico, è alieno.

      Elimina
  8. Mi ha fatto ridere "i turisti ricchi ignoranti e obesi"! Cavolo, degli sfigati (anche se ricchi) :-) -
    PS Ho un attimo di calma e sto recuperando i tuoi post. Sono post-Silvia-dipendente!! E' il tempo che, fortunatamente, in questo periodo mi manca!! Titti

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non sai come sono contenta di sentire che sei indaffarata! :-)

      Elimina
  9. Ma che figata questo romanzo a puntate, mi appassiona sempre di piu'!! E poi? E poi?

    RispondiElimina
  10. Un'altra settimana di attesa per la puntata finale? non so se posso farcela! Cmq MAI abbandonare un uomo alla ricerca di una birra in una balera di centro-sud americane arrapate! :-D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Veramente qui mi sa che il più arrapato era lui...

      Elimina
    2. Ancora peggio...uomo-arrapato in presenza di donne-disponibili...non poteva tornare sano e salvo dal bar!! Meglio così, che a noi ci piace di più Mr Keats!!

      Elimina
  11. "I turisti della rivoluzione" bellissima questa!
    Intorno al 2000 avevo un'amica, Lisa, che aveva scritto e pubblicato indipendentemente un album di canzoni folk americane. Una di queste era diventata una hit nelle radio seguite dai rivoluzionari sudamericani, ogni tanto ci chiedevamo come avrebbero reagito se avessero saputo che l'autrice e cantante era affiliata al mondo militare Usa. Comunque la ballad meritava.
    Che delusione il canadese! Aspetto il prossimo episodio e spero in un affascinante messicano che non sia l'agronomo, che quello non mi piace proprio piu'!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Non temere, l'agronomo non tornerà.
      Sì, erano buffi, i turisti della rivoluzione, e quei poster di Marcos già trasformato in santino da vivo erano un po' inquietanti.

      Elimina
  12. Non ti facevo tanto intraprendente :-) Mi sono divertita tanto, grazie!

    RispondiElimina
  13. Forse l'hai spaventato, il povero canadese. Certo che lasciarsi scappare una come te...mah!

    Che bello questo racconto!!! Aspetto anch'io la prossima puntata con grande curiosità.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Macchè spaventato! Diciamo che non ero... ehm... il suo tipo :-D

      Elimina
  14. Fantastico, il messicano è l'uomo ideale: deciso, conciso, diretto. Al diavolo il canadese solitario e noioso! :P

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sì, ma a parte che a me il baffuto non piace, comunque lui dopo avermi vista ballare è fuggito!

      Elimina
  15. Che carina, Silvia con marsupio e zainetto! Comunque forse l'agronomo e il canadese arrapato erano gli uomini di cui l'hegeliana astuzia della Ragione si serviva per farti capire che il meglio - Mr.Keats - doveva ancora venire.

    RispondiElimina