sabato 15 giugno 2013

Un'occasione perduta

Ieri sera sono uscita a bere un aperitivo. Un gruppetto di persone, un tavolino all'aperto, per me un prosecco, grazie. Una scena normale, quattro chiacchiere inutili per passare il tempo.
Arriva il solito venditore di cianfrusaglie. Probabilmente del Bangladesh, non so, non l'ho guardato bene. Ha uno stupido ventilatore di plastica con una lucina rossa, e poi ha tante altre cianfrusaglie appese al collo. Non so, non l'ho guardato bene. Dico subito il mio solito "no grazie" con un sorriso gentile e sbrigativo e continuo a parlare. Ma lui non se ne va. Resta lì, con il suo stupido ventilatore di plastica. Nessuno lo guarda. Tutti continuano a parlare. Qualcuno spara una balla irritante del tipo "non ho moneta, ti darei una moneta se l'avessi". Irritante. Sono a disagio. Ma continuo a non guardarlo. Dico ancora "no grazie", qualcun altro lo dice. Ma lui non si muove, resta lì, ti spinge sotto il naso quel brutto ventilatore. E nessuno lo guarda. E io li trovo sempre più irritanti, eppure non lo guardo neanch'io. Voglio solo che se ne vada. D'un tratto bere un aperitivo mi sembra una cosa vergognosa, un insulto a quest'uomo che se ne sta zitto accanto al mio tavolo, carico di stupida paccottiglia. Eppure non lo guardo, non gli parlo, aspetto che se ne vada. Quando finalmente se ne va mi giro a guardarlo per un istante. Cammina piano, con il suo carico di paccottiglia inutile.
Avrei potuto invitarlo a sedersi, chiedergli come si chiamava, offrirgli un aperitivo. Avrei potuto chiedergli chi era. Invece l'ho guardato andar via.

32 commenti:

  1. Silvia, sono queste le sensazioni che provo anch'io, quando, andando a piedi a Bologna, incontro il primo venditore. Al decimo incontro, ogni loro individualità per me sparisce, vince il fastidio, o, forse, solo il cinismo. E come se la ripetizione disumanizzasse loro e, soprattutto, me.

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    1. Si. Cosi' anche io, almeno a Roma e' un continuo, ovunque, ad ogni angolo, locale, semaforo, chiesa, ponte, fermata della metro, supermercato. Mi sento una merda, ovviamente, ma non vedo alternative.

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  2. Mi sento ogni giorno come te quando mi fermo al semaforo dove un signore tenta di vendermi la Nazione e io ripeto solo "No grazie".

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  3. Non vorrei sembrare fintamente altruista. Il mio sentimento era soprattutto egoista: avrei probabilmente trovato interessante la storia di questo ragazzo. Ho perso l'occasione di imparare qualcosa.

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  4. Bella serata, eh, Silvia? ;)

    Qualche volta è capitato anche a me, e soprattutto capita di chiedermi chi siano, che storie abbiano lasciato alle spalle, quanta fatica e sacrifici dentro quegli sguardi scuri.
    Quando sono in gruppo è difficile che si riesca ad attaccare bottone, mentre se sono da sola o con mrT sono loro che di solito si attaccano come cozze :) forse perché non abbiamo mai la faccia eccessivamente seccata? È difficile che rivelino qualcosa di privato, forse non sono abituati che qualcuno si mostri interessato.
    A volte però c'è da dire che ti capita anche quello che ti racconta un po' di storie (sono stati tutti in Italia? Può essere, infatti qualche parola d'italiano la parlano, ma magari per sentito dire, chissà) solo per rifiliarti l'ennesimo braccialetto che scomparirà nei meandri della casa...
    Ecco, quelle storie con me se le potrebbero risparmiare, il braccialetto magari lo comprerei lo stesso. Ma succede per quello che dicevo prima, non sono abituati. E molti di loro sono timidissimi.

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    1. Sì, non sono abituati perché in realtà si tratta di uno schema sociale, di un gioco di ruoli. Lui offre, io dico no, se sono cafone lo dico malamente, se sono gentile lo dico sorridendo, se proprio sono di buonumore gli compro pure qualcosa. E' questo schema così rigido che mi sembra assurdo. Assurdo che non capiti mai di dire, ehi, lo vuoi un caffè? Un gelato? Sarai stanco, siediti un po', tieni, ti offro una birra. Ecco, qualcosa così, che spezzi la solita recita soffocante. Ma poi bisogna ricordare che sono uomini che vengono da culture dove le donne in genere non sono così intraprendenti, ed è facile che un'offerta del genere finisca per mettere a disagio loro. Uffa.

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  5. Cara Silvia,
    anche a me è successo tante volte.
    Ho provato lo stesso disagio. La cosa peggiore, però, è che mi sono sentita "superiore" ad altri che secondo me non stavano provando le stesse cose.
    Se ci pensi è ancora peggio: sentirsi più "sensibili" e non fare nulla.

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    1. Infatti, è proprio da lì che è nato il mio disagio: mi sono sentita più "sensibile" e non ho fatto nulla.

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  6. Che pena, nel leggere la tua storia... Ieri un ragazzo con il suo banchetto di cd, ormai chiuso, mi ha salutata mentre passavo. Sono rimasta così stupita da non riuscire a rispondere, e poi ho pensato che magari passandogli vicino l'ho illuso di voler comprargli qualcosa, o chissà che. E con tutti gli altri, no grazie, no grazie, tipo un mantra che prima o poi li farà desistere.
    C'è poi una ragazza bionda, magrolina, appostata vicino ad un supermercato. E a volte fantastico di chiederle qualcosa, se ha una famiglia, dei figli, da dove proviene. E non lo faccio mai.
    Davvero, quante occasioni sprecate...

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  7. A me capita spesso, soprattuto nei locali quando passano i ragazzi che vendono le rose, ecco non ce la faccio proprio a non essere sensibile, capita spesso che dica no grazie, però spesso mi capita di farci una chiacchierata quando sorridono guardando i miei figli. Ecco, quello che dici tu è esatto, ormai è una situazione standardizzata in cui noi possiamo rispondere "no grazie" oppure ancora peggio, sembra quasi una recita. A volte capita che siano loro a non voler entrare in intimità altre volte siamo noi, purtroppo però a me a volte sembra che non ci possiamo fare molto o per lo meno cambiare certe situazioni è davvero difficile.

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  8. Quanti meccanismi, che entrano in gioco. Come dicevi in qualche commento, offrire una parola, un momento di scambio, potrebbe forse suonare culturalmente fuori posto. E mi chiedo che cosa possano pensare loro, invece, come intendano quel porsi così insistente, la reazione altrui. Perché magari anche, noi nel leggerla in un determinato modo, prendiamo fischi per fiaschi.

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  9. Ho dato un'occhiata in rete per cercare qualche risposta ai dubbi che stanno emergendo. Non c'è molto, però qui c'è qualcuno che ha parlato un po' con un venditore ambulante.

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  10. Uhm, che poi a proposito di africani mi viene in mente una episodio.
    Passeggiata estiva tardo pomeridiana con un mio amico nel centro di Bologna, si avvicina un magrebino malconcio per chiederci qualche soldo, lo vediamo messo male ed iniziamo a fargli un po' di domande, parlava a malapena l'italiano. Ci facemmo presto l'idea che fosse un clandestino, non ci bastava a quel punto dargli due soldi e basta.
    Lo portammo da padre Marella ma non lo vollero.
    Lo presero in un'associazione di cui non ricordo il nome, dopo aver vagato tutta la notte.
    Gli lasciammo qualche soldo e qualche maglietta pulita, poi non lo rivedemmo mai più, né sappiamo che fine abbia fatto. Avevamo anche il dubbio che lasciarlo a qualche associazione fosse una cosa sensata...

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  11. Io una volta in spiaggia ho parlato con un venditore africano, non per merito mio perché non accetto che nessuno attacchi bottone con me, né per vendere né tanto per parlare, ma la mia amica voleva comprare e trattare sui prezzi, quindi ne è venuta fuori una chiacchierata, ma lui parlava solo di feste in spiaggia, e ad una ci ha invitate. L'unica cosa di personale che ha detto è che lavorava anche come magazziniere (in nero), e per arrotondare, dopo il lavoro e nei fine settimana vendeva oggettini in spiaggia. Ci aveva fatto pure vedere una foto in cui era vestito da magazziniere, con una tuta e il logo dell'azienda.
    Io credo che non vorrebbero parlare di sé, né prendere un caffè.. magari un panino sì, sazia di più.. la cultura del caffè per due chiacchiere mi sembra tutta nostra, non so..

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    1. Però in un mondo dove tutti vogliono solo ed esclusivamente parlare di sé mi sembra strano che questi ragazzi non ne abbiano voglia...

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  12. Nella mia via romana è un continuo andirivieni di persone di colore che vendono qualcosa, o meglio, chiedono l'elemosina, "offrimi un panino o un caffè" è il ritornello, con il quale si rivolgono a noi di giorno feriale più o meno a ogni cinque passi. Non esagero. Ogni cinque passi. Quartiere borghese con molti anziani, qualcuno tira fuori l'euro, mio marito è uno di loro. Io no, perché dovrei aprire la borsa, poi la tasca interna dove nascondo il portafogli. Mio marito ha anche provato a parlare con qualcuno di questo folto gruppo di africani, ma la conversazione prevedeva altre richieste di denaro. I pakistani, gli indiani sono diversi, desiderano veramente vendere qualcosa, l'elemosina quasi quasi li umilia. Parlano volentieri, perché vorrebbero imparare l'italiano. A loro chiedo qualche servizio che forniscono prontamente e do loro più del compenso. Ma fra tutti i bisognosi della mia via preferisco un signore anziano con un cane, entrambi dignitosissimi. La loro postazione è fuori mano, ci vado appositamente, solo per lasciare l'obolo. Ogni volta prometto a me stessa di fermarmi per scambiare due parole, e ogni volta fuggo per l'imbarazzo, per fermarmi a distanza di sicurezza e per osservarli non vista. Una coppia affiatata e indimenticabile: l'uomo sembra saggio e molto buono, e il bastardino è un cane semplicemente delizioso.

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    1. C'era un signore così anche davanti a casa di un mio amico, a Milano. Era sempre lì seduto, non più giovanissimo, il padre del mio amico si fermava sempre a chiacchierare con lui, ma la cosa triste era che era sempre lì, allo stesso posto, negli anni non era riuscito a cambiare la sua situazione.

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  13. Ho letto una tua risposta ad un commento qua sopra ed effettivamente credo sia proprio così, non che l'abbia mai fatto di offrire da bere a qualcuno che voleva vendermi qualcosa ( un caffè una volta ad un senegalese in un bar ma poi non l'ha nemmeno bevuto e mi guardava stranamente, forse l'ha accettato solo per non offendermi ) però credo che il loro retaggio culturale sia talmente diverso dal nostro che una donna che si comporta così rischia di essere fraintesa. In Nepal parlavo agli sherpa, ai gestori dei rifugi, alla gente per strada, avevo sete di sapere... le donne sorridevano e si coprivano la bocca guardandomi stranamente il più delle volte, come se fossi davvero ma davvero troppo intraprendente, pensa che trovavano strano anche che io fumassi liberamente le sigarette per strada...
    Non mi va di scrivere altro in merito, su come la penso, su cosa siamo diventati.
    Ciao Silvia, interessante post tutto da farmi riflettere :)

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  14. c'è un ragazzo africano che per anni è stato clandestino ma lavorava in nero ora qui ora lì, poi finalmente ha avuto il permesso di soggiorno, ma continua a lavorare quando e come può, a volta va a fare la spesa per la barista sotto casa, quando sappiamo che è nei periodi di difficoltà gli lasciamo la colazione pagata da lei, con lui parliamo dei suoi problemi, lui si interessa sempre della salute dei miei che ora vede meno spesso, ma direi che è l'unico per il resto il mio senso di colpa incalza come il tuo

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  15. Insegno italiano a migranti, con e senza documenti, dal 2008. Senegalesi, cinesi, pakistani, afghani, nigeriani, marocchini. Insomma ho avuto studenti da ogni parte del mondo. E vi dico... parlateci! Non ci costa niente essere "umani". Queste persone hanno una storia da raccontare, ma chi siamo noi per chiedergliela al primo incontro? Voi raccontereste mai tutta la vostra vita al primo che vi passa davanti solo perché vi ha dato un euro e, quindi, è stato gentile?
    La dimensione personale è fondamentale e va rispettata.
    Ho imparato a sentirmi una merda quando, con un bicchiere in mano, dico "mi dispiace, non ho spiccioli". Ho deciso che non voglio più sentire quello che dicono gli altri "contribuisci al loro sfruttamento", "non hanno bisogno di mangiare" eccetera. Io se ho qualche spicciolo in tasca lo do, a tutti. Credo che in questo mondo ci siamo davvero dimenticati cosa significhi essere solidali.
    Grazie Silvia per questa riflessione. Purtroppo finché non si ha un contatto reale con la vita di queste persone, è difficile abbandonare i pregiudizi e le paure.
    Auguro a tutti di farlo perché è una scoperta meravigliosa! Buona domenica a tutte e a tutti :)

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    1. A questo proposito ricordo il terribile disagio provato in India, circondata da mendicanti a Nuova Delhi, e tutti i dubbi e le riflessioni provocati da quelli che mi dicevano: "non dargli niente, li abitui a dipendere dai soldi dei turisti". Certo, perché senza quella dipendenza chissà che fantastico lavoro che avrebbero trovato, quei mendicanti. Eppure sono migliaia, ed è vero che non puoi dare qualcosa a tutti, e tu sei infinitamente più ricco di loro e sei lì a fare il turista.

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  16. Il ventilatore ce l'ho, quando gira forma frasi tipo "I love you" e "Mio caro". Ogni fine settimana quello che noi chiamiamo affettuosamente "teschio" (perchè è magro come un chiodo e brutto come la morte) passa dal nostro circolo. Mi chiede se gli posso cambiare la moneta, e mentre io conto la marea di centesimi il mio fidanzato gli compra sempre qualcosa. E' gentile, e a noi non costa niente esserlo con lui (anche se ci stiamo riempendo il locale di paccottiglia...). Ha dato il cambio ad "abubugatu", nome che ha una storia difficile da raccontare in due parole, che è tornato in Bangladesh per sposarsi.
    Queste sono persone semplici, come noi. Non è questione di buonismo, anche perchè i venditori di rose antipatici e assillanti non li faccio nemmeno entrare.
    Non puoi sentirti in colpa per aver voluto prenderti un aperitivo in santa pace. Così come dare un euro ogni giorno all'anziano al semaforo (cosa che faccio tutte le volte che lo vedo) non potrà nè aiutarlo davvero, nè aiutare la mia coscienza a sentirsi meno in colpa per chi sta peggio di me.

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    1. Grazie Ciccola, mi sento meglio anche solo per aver saputo che possiedi il ventilatore! La prossima volta allora lo compro :-)

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    2. Gli oggetti kitsch ormai sono una nota distintiva del nostro locale. Teschio lo sa, e appena trova un articolo nuovo ce lo porta...
      Comunque ti dico solo questo: noi ci poniamo il problema di come comportarci, e qualche mese fa qualcuno gli ha fregato la bicicletta di terza o quarta mano presa al Balon (per chi non è di Torino è una sorta di mercato delle pulci), ma come si fa????

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  17. I vostri commenti mi fanno sempre molto piacere, ma questa volta vorrei ringraziarvi in modo particolare per aver detto la vostra su questa questione, che io trovo particolarmente spinosa perché coinvolge temi come ipocrisia, vergogna e senso di colpa.
    Grazie, sono proprio contenta di ricevere commenti da persone belle come voi.

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  18. Mi son sentita così una volta e da quella evito di ripetere lo stesso errore. Poi c'è un limite alla sopportazione e questo vale per chiunque a prescindere dalla nazionalità. Evito gli zingari perchè so come funziona. Ma senegalesi e indiani cerco sempre di dar loro se non altro un sorriso,se non posso di più. Son una con la coscienza ipersviluppata e pure scema a volte.Eppure una mattina in un bar, ricordo un senegale con accendini e cose varie,era in estate,caldo e lui aveva tanto indosso,il barista in malo modo l'ha apostrofato intimandogli di uscire,il resto te lo risparmio,io,per tutta risposta non ho bevuto il caffè d'orzo che stavo per ordinare e ho dato l'euro a lui,scusandomi per tanta intolleranza italiana.Se non son insistenti in modo maleducato e anche "fisico"(toccandoti,prendendoti per il braccio ecc.) io non riesco a far finta di niente. Magari son stupida,ma in coscienza posso sorridere. Silvia cara non preoccuparti,avrai altre occasioni e magari scoprirai belle storie,come quella dei genitori di un bimbo che avevo al nido,giovanissimi. Lei vendeva strofinacci in giro e lui aveva un banchetto vicino alla stazione: mi hanno trasmesso più gioia e umanità loro,di quanto abbia mai potuto vederne in persone educatamente intolleranti e ben vestite.

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  19. http://doppiovubi.blogspot.it/2013/06/lunica-colpa-di-doppiovubi-era-quella.html

    Il mio punto di vista, una storia vera.
    Ciao a tutti.

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  20. Anch'io a volte me ne vergogno perché non sapendo che dire, non mi piace dire palle, sto zitta ma in realtà vorrei dire: "non ti sto ignorando, davvero, non so cosa dire!"

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  21. Bauman parla di scarti umani, vedere allo stesso semaforo le stesse persone, per anni, a volte anche anziani, fa solo star male

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  22. al di là dell'episodio, su cui tutti hanno già commentato e che è capitato e capita a tutti quasi ogni giorno in Italia (me incluso), resta il nocciolo di storia che hai scritto, Silvia. Fossi in te ne ricaverei una short story. O, se permetti, provo a farlo io.
    Un grande abbraccio.
    Matteo

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    1. Certo che permetto, Matteo! :-)
      Un grande abbraccio anche a te.

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  23. A Roma con un paio di venditori ci parlai e continuai a salutarli incontrandoli - forse faceva più piacere a me che a loro, chissà. ho un quadro comprato da mia madre da un venditore, in paese: ci aveva parlato e aveva scoperto che era laureato, una cosa che la colpì profondamente, lei che non aveva potuto studiare ma si era potuta comunque realizzare con il suo impegno, nel suo paese. tutte persone e storie fisse nella mia mente, anche se purtroppo devo sottoscrivere i commenti dei romani: lì ormai sono così tanti che non si può far altro che indurire il cuore...

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